giovedì 10 gennaio 2013

Quando finiscono le feste


Domenica 27 Gennaio alle ore 16.00 nella Cattedrale di Pistoia, sarò istituito lettore. E’ il primo ministero che accompagna il percorso verso il sacerdozio.

In cosa consiste? «Il Lettore è istituito per l’ufficio, a lui proprio, di leggere la parola di Dio nell’assemblea liturgica. Pertanto, nella messa e nelle altre azioni sacre spetta a lui proclamare le letture della Sacra Scrittura (ma non il Vangelo); in mancanza del salmista, recitare il salmo; quando non sono disponibili né il diacono né il cantore, enunciare le intenzioni della preghiera universale dei fedeli; dirigere il canto e guidare la partecipazione del popolo fedele; istruire i fedeli a ricevere degnamente i sacramenti. Egli potrà anche  se sarà necessario  curare la preparazione degli altri fedeli, i quali, per incarico temporaneo, devono leggere la Sacra Scrittura nelle azioni liturgiche” (Paolo VI, Ministeria quaedam, 15.08.1972, IV).  

Mi affido alle vostre preghiere e al vostro affetto.
E vi lascio un piccolo pensiero post-natalizio.

* * *

La notte di Natale saliamo traballando sul pulpito della Cattedrale. Con una mano sulla vite e  l’altra disperatamente aggrappata al fusto della colonna mi inerpico anch’io sugli stretti gradini che le girano attorno. Dalla cassa del pulpito la Cattedrale appare ancora più affollata. Si incensa l’evangeliario mentre guardo la folla muta e smarrita nelle grandi navate. E’ la folla tipica della grandi celebrazioni, quando anche i più refrattari o traballanti nella fede si ritrovano in chiesa per la Messa di Mezzanotte. Tutti in silenzio, con lo sguardo puntato verso l’alto, tra lo stupore di quell’insolita deviazione e la suggestione di un rito antico nella cattedrale romanica. Da lassù incrocio quasi ogni volto, teso in silenzio nell’istante che precede la Parola. Dietro ogni volto un abisso. “Un abisso chiama un altro abisso” ( Salmo 42,7). In un attimo lo spazio cavo delle alte navate è risucchiato dalle profondità smisurate che si aprono, una accanto all’altra, davanti al libro del Vangelo. Abissi di vuoto e di desiderio, scoperchiati quasi per caso, sorpresi nell’invocazione, richiamati da un appello inatteso. In quell’istante così lungo e sospeso mi si è piantata tra le costole una fitta di sgomento e compassione. Agostino doveva aver provato qualcosa di simile. “Riteniamo che il cuore dell'uomo non sia un abisso? Cosa c'è infatti di più profondo di quest'abisso? Gli uomini possono parlare, li possiamo vedere attraverso le azioni delle loro membra, li possiamo ascoltare nei loro discorsi; ma quale pensiero si penetra, in quale cuore si indaga? Chi mai potrà comprendere che cosa l'uomo reca nell'intimo, che cosa può, che cosa sa, di che cosa dispone, che cosa vuole, che cosa non vuole? (…) Se dunque l'uomo è l'abisso, in qual modo l'abisso invoca l'abisso? (…) Invocano l'abisso i santi che predicano la parola di Dio. Forse che anch'essi non sono abissi?” (Sant’Agostino, Esposizione sul Salmo 42).


Anche nel dramma di una fine violenta l’ultimo giorno dell’anno può concedere il conforto di un funerale diverso. Il lutto cede il posto al ringraziamento ed il Te Deum, l’antico inno che chiude una stagione sigilla un’esistenza spezzata. Nella chiesa c’è tutto il paese e fuori un sagrato affollato di fedeli e giornalisti. Alla Comunione accompagno il diacono fin sulla soglia dell’ingresso avanzando a fatica in un faticoso corpo a corpo. E’ un assedio improvviso e su ogni lato di mani tese che cercano l’ostia. Lo sgomento e il dolore non saziano. Così la fame di Dio racconta più di ogni parola la vicenda quotidiana del sacerdote assassinato. 

Più tardi si festeggia l’anno che arriva. Manca poco a mezzanotte perché l’abbondanza del cenone tira sempre per le lunghe, ma nella Cappella della Comunità Maria Madre Nostra a San Biagio si prega per l’anno che passa e per quello che verrà. Le preghiere dei ragazzi disabili sono sempre le più belle. Aprono al sorriso, sono semplici, eloquenti anche quando sono senza parole. Non ci sono troppi propositi per l’anno nuovo né richieste personali: quest’anno sono quasi tutte per Don Renato. E’ una comunità che prega, sorride e si commuove e neppure si accorge che arriva mezzanotte. Nella foto accanto all’altare don Renato continua a guidare i suoi piccoli lungo la strada. Così almeno sembra di capire, anche se guida davvero chi impara a seguire. 


Qual è dunque la vocazione del prete? In bilico tra gli abissi, continuamente affacciato sulla luce e le tenebre. Quando finiscono le feste la domanda si fa più acuta. Si chiudono esperienze terrene e la domanda si fa più pressante. Quando le feste finiscono, piantati tra le costole, giusto sopra le inevitabili conseguenze di pranzi e panettoni, mi accompagnano gli sguardi tesi nella Santa Notte, le mani tese, le preghiere del cuore. Che abbiano qualcosa da dire sul ministero del prete? (Ugo)